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Racconti di Natale. Piccola storia di un Natale in doppia fila

Racconti di Natale. Piccola storia di un Natale in doppia fila

Racconti di Natale” è un contenitore di ricordi. Alcuni amici di A Casa di Dado, nel corso delle settimane che ci separano dal Natale, doneranno al nostro giornalino una piccola storia legata a questa festa

 

Questo è il primo Natale A Casa di Dado e vorremmo custodirlo con cura nel tempo.

Siamo certi che anche tu tieni stretto un ricordo che parla di Natale, di qualche bizzarra tradizione di famiglia, di un gioco che avresti sempre desiderato o di quel dolce che solo nonna sapeva preparare.

Abbiamo, quindi, pensato di festeggiare, raccogliendo alcuni ricordi di Natale tra le pagine del nostro giornalino.

Con un po’ di immaginazione, questa condivisione ci darà la sensazione di sedere assieme di fronte al camino simbolico della nostra casa, mentre sbucciamo i mandarini e ci prepariamo al gioco.

Proveremo a condividere questi racconti ovunque, con la speranza che il potere di un ricordo riesca a farci sentire vicini, in questo anno strampalato che di certo ricorderemo.

La prima amica che ha scritto per noi è Ottavia Tracagni, giovane e talentuosa illustratrice. Ci regala un racconto, a tratti esilarante, di un’inedita situazione natalizia e familiare. Vi lasciamo alle sue parole.

 

Piccola storia di un Natale in doppia fila

Il Natale…il Natale a casa mia è sempre stato simile a se stesso, la sera del 24 dagli zii paterni e la giornata del 25 nella casa in campagna dai nonni materni. Un Natale come tanti, di quelli di una famiglia medio grande, un Natale fatto di alberi di Natale, di tavole imbandite e parenti che l’ultima volta avevi visto a Natale dell’anno prima.

Ho sempre amato il Natale per il calore che emana nonostante le temperature fuori, per quella parentesi di raccolta familiare che offre dopo mesi di scuola. Rispetto ad altre feste il Natale è una di quelle feste indiscutibili, dove davvero tutto si ferma.

Un anno successe una cosa un po’ diversa dal solito, dopo la cena del 24, quella dagli zii paterni, che da sempre è  stata un po’ formale, fatta di “ciao come stai“, di “come va la scuola“, di “ecco il regalo…” e di “oh ma che belli questi calzini, mi servivano proprio” , di tortellini in brodo, frutta secca, panettoni e torroni.

Ecco, quella sera dopo la cena era abbastanza presto, con i miei fratelli e i miei genitori salutammo tutti per tornare a casa. La cena dai miei zii finiva sempre presto e noi eravamo stanchi e un po’ annoiati.

Andando alla macchina però mio papà si accorse che la nostra era chiusa tra due macchine parcheggiate in doppia fila. Qualcuno aveva pensato bene di parcheggiare in quel modo prima di andare a festeggiare, impedendoci così di poter tornare a casa. Mio papà passò i primi venti minuti sbuffando e inventandosele di tutti i colori per cercare di farsi sentire dal proprietario, ma ogni tentativo si rivelò completamente inutile.

Presi dall’assurdità della situazione, faceva anche abbastanza freddo, ci mettemmo tutti e sei vicini. Mia sorella era seduta in macchina con la porta aperta, mia madre al posto davanti e noi altri di fronte, e come in un immaginario falò intorno al faro della macchina cominciammo, come mai prima, a tenerci compagnia. Un racconto dopo l’altro, in uno scambio di racconti e battute incalzanti, abbiamo riso come fossimo un gruppo di amici affiatati come mai prima.

Avevamo abbandonato le difese che di solito vestivamo quando eravamo a casa nostra o con altri parenti. Mio fratello soprattutto non concedeva mai molti racconti, papà era spesso preoccupato dal lavoro, mia mamma dal suo e noi sorelle cenavamo di fretta per poi farci ognuna i fatti propri in camera.

Quella sera invece fu diverso.

Mia mamma ci raccontò di quando era ragazza, mio papà di quando convinse mamma ad uscire con lui e si innamorarono, mio fratello dei modi strampalati di fare del suo maestro di tennis, mia sorella dei mille modi che il suo compagno di banco si inventava per farsi passare i compiti, io raccontavo delle corse
che facevo ogni volta che arrivata in un posto mi accorgevo di aver dimenticato qualcosa e mia sorella piccola dei suoi stratagemmi per poter fare una pennica in ogni buona occasione.

Così passarono, anzi volarono due ore, in una maniera un po’ magica.

Non la cena, non l’albero di natale, non i mille regali, non i tortellini e nemmeno il torrone, ma quelle due ora là, passate con le mani in tasca e il cappuccio in testa poggiata sul cofano della macchina in un parcheggio, quello è stato il mio Natale più bello.

Un Natale dove ho sentito il calore di una bellissima famiglia, un Natale in cui eravamo noi, davvero, con i nostri racconti e le nostre storie.

Verso l’una arrivò di soppiatto un signorotto con una signora impellicciata che si infilò nella sua macchina, sperando che non lo avessimo visto, mise in moto e si sfilò silenzioso dal suo non-parcheggio in doppia fila.

Forse si aspettava chissà che insulto e rimprovero, ma mio padre gli disse solo “Buon Natale e la prossima
volta magari parcheggi in un po’ meglio“.
Mio papà non riuscì a rimproverarlo più di tanto, forse perché anche lui si era accorto che tutto sommato quella situazione un po’ folle e imprevista fu invece l’occasione più bella e improbabile per trascorrere uno dei Natali più belli che ci possiamo ricordare.

A volte nel non programmato, nella semplicità e nella buona compagnia sta tutto il Natale che vorremmo.

Buon Natale, qualunque sia il tuo <3

Ottavia

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